Cogliamo l’occasione della nuova collana lanciata in edicola dal 10 Febbraio con La Gazzetta dello Sport per parlare di una serie d’animazione giapponese ambientata durante la Rivoluzione francese, che ormai ha preso posto tra i classici per eccellenza per il pubblico italiano: “Lady Oscar“. Zampe ne ha curato la campagna
Lady Oscar, il cui titolo originale è “Versailles no Bara” (ベルサイユのばら Berusaiyu no bara), ovvero “La Rosa/Le Rose Di Versailles”, segna un ritorno importantissimo essendo una di quelle serie televisive che hanno conquistato una larghissima fascia di fan in Italia, e che prima e più di altre hanno fatto conoscere al pubblico nostrano un modo di fare animazione ai tempi inedito. Non solo, questa serie ha il merito di aver introdotto i più giovani alla Storia con la S maiuscola! In moltissimi abbiamo infatti conosciuto il 1700 di Luigi XVI prima che sui banchi di scuola guardando Lady Oscar.
La scelta nella traduzione del titolo originale in “La Rosa Di Versailles“ al singolare o “Le Rose Di Versailles” al plurale non è cosa scontata, visto che nella lingua giapponese i sostantivi possono essere sia plurali che singolari se non viene espressamente specificato. Nel caso di Lady Oscar, vedendo la versione animata, si penserebbe al singolare essendo la nostra Oscar François de Jarjayes la protagonista principale. Il discorso cambia però se si legge il manga, dove la narrazione è molto di più ampio respiro, tanto che per la prima parte è Maria Antonietta d’Austria a tenere prepotentemente le scene. Di conseguenza anche “Le Rose di Versailles” può essere una traduzione allo stesso modo corretta, in quanto riferita ai molteplici personaggi che “appassiscono” nel tumultuoso e drammatico periodo della Rivoluzione francese.
Si può dire che per l’animazione giapponese in Italia Lady Oscar sia un anime doppiamente “storico”, sia per l’argomento trattato, sia per il successo incredibile avuto sin dai tempi del primo passaggio televisivo nel marzo del 1982.
Cosa che invece non avvenne in Giappone, dove al contrario del manga che ottenne un grande successo vincendo le diffidenze iniziali degli editori, la prima messa in onda del 1979 non suscitò grande interesse. Questo nonostante lo staff di prim’ordine che ha lavorato alla realizzazione della serie: primi su tutti la coppia Shingo Araki & Michi Himeno al character design & direzione delle animazioni e la regia di Tadao Nagahama (per la prima parte della serie) e di Osamu Dezaki. La serie animata riebbe giustizia però ai tempi della seconda messa in onda in Giappone nel 1986, grazie anche alla fama meritatamente raggiunta dalla coppia Araki / Himeno.
Per quanto riguarda la programmazione da noi, la presa sul pubblico italiano è stata da subito evidente, complice l’ottima caratterizzazione dei personaggi e l’affascinate ricostruzione del periodo in cui si ambientano le vicende. Soprattutto quello che ha saputo trascinare gli spettatori è stata una trama avvincente fatta di colpi di scena ben inseriti nel contesto storico e di intrecci ben orchestrati tra i personaggi principali.
È proprio il personaggio di Oscar, figura drammatica combattuta tra il proprio essere donna ed il volere paterno che la costringe ad una vita da uomo, che ha conquistato il pubblico. Per questo motivo il personaggio di Oscar ha una somiglianza molto forte con la figura della Principessa Zaffiro di “Ribon no Kishi” di Osamu Tezuka, una produzione animata molto precedente a Versailles no Bara. Il contesto fiabesco della Principessa Zaffiro però da una connotazione molto lontana dal realismo più sanguigno delle vicende di Oscar.
Lady Oscar ha contribuito a creare nell’immaginario del sol levante (e non solo) una suggestione fortissima nel modo di immaginare la Francia del settecento, tra violenza e grandi lotte di classe, creando icone diventate poi ricorrenti del manga a venire. Tra queste suggestioni una molto forte sarà quella inerente all’ambiguità sessuale, anche se nel caso di Versailles no Bara viene trattata in un modo a sé, dovendo Oscar farsi uomo per costrizione paterna. Suggestione che verrà sfruttata come elemento di forza in anime successivi come “Utena La Ragazza Rivoluzionaria“, dove l’estetica visiva e comportamentale della Rivoluzione francese di Versailles no Bara viene sradicata e ricostruita in un contesto assolutamente simbolico e onirico. Oppure come avviene in “Chevaler d’Éon”, dove la figura storica realmente esistita di d’Éon de Beaumont, agente segreto e diplomatico francese agli ordini di Luigi XV che si finse donna per buona parte della vita, viene reinterpretata in chiave mistica come sede di due anime, una maschile e una femminile nel dualismo Lia e d’Eon.
L’edizione di Lady Oscar che sta venendo presentata in edicola sarà sicuramente gradita ai puristi perché, oltre che ad avere le sigle “al posto giusto”, integra anche dei sottotitoli fedeli ai dialoghi originali, che furono stemperati per le messe in onda televisive italiane per via dei contenuti ritenuti “troppo forti” per il pubblico di giovani della fascia pomeridiana. Dall’altro canto, invece, avrà grande soddisfazione anche chi ha amato alla follia le bellissime voci di Cinzia De Carolis, Massimo Rossi, Laura Boccanera e Luciano Roffi nei ruoli di Oscar, André, Maria Antonietta e Hans, compreso “l’epocale” Romano Malaspina nel cupo ruolo del Generale de Jarjayes, il padre di Oscar. Un’occasione per fare un tuffo nel passato ma anche per approfondire un’opera che ha “fatto storia” in più di un senso.