Classe 1974, Hurricane Polimar è il secondo in ordine cronologico di quelli che si definiscono “I Tre Cavalieri Solitari” prodotti dalla Tatsunoko a metà degli anni ’70, dopo Kyashan e prima di Tekkaman. Nate da un concept di Tatsuo Yoshida, fondatore della Tatsunoko nonché ai tempi autore principale, le tre serie vengono prodotte in un periodo in cui la casa del “cavalluccio marino” era impegnata a creare serie con personaggi ispirati ai supereroi dei comics americani. Le fisionomie dei protagonisti sono inoltre molto simili anche perché il character deisgner di tutte le serie Tatsunoko del periodo era lo stesso Yoshida con la collaborazione di Yoshitaka Amano.
Tra i cavalieri Tatsunoko, Polimar è senza dubbio il più all’americana per background, ambientazione e struttura narrativa. Takeshi, giovane brillante esperto di arti marziali, fugge di casa a causa delle grandi divergenze ha con il padre, il generale Onigawara capo dell’interpol.
Con se ha un’arma segreta imbattibile donatagli da uno scienziato in punto di morte: il Polymet. Il Polymet è la chiave dei poteri di Polimar: è in realtà un dispositivo attivabile a comando vocale che ha normalmente l’apparenza di un semplice casco, quando messo in funzione ricopre il corpo di Takashi di una sostanza polimerica intelligente che da forma al costume di Polimar. Questo fa da tuta di potenziamento per le abilità di Takeshi ed è in grado di cambiare forma trasformandosi all’occorrenza in un mezzo di combattimento da terra, aereo o anfibio. Però, come è tradizione nelle serie giapponesi, c’è un tempo limite all’utilizzo del Polymet con cui il nostro eroe dovrà fare i conti…
Il taglio americano è dato anche dall’approccio poliziesco delle situazioni in cui interviene Polimar e dai nemici ogni volta diversi: bande di super-criminali che usano tute potenziate dall’aspetto bizzarro. Abbiamo il classico protagonista alla “Clark Kent“, che nella vita di tutti i giorni si finge un inetto per scomparire nel momento del bisogno e tornare sotto mentite spoglie per risolvere la situazione e consegnare i malviventi alla giustizia. Ovviamente nessuno si pone veramente il problema di chiedersi come mai il nostro protagonista Takeshi e l’eroico Polimar non si siano mai visti contemporaneamente.
La sceneggiatura generale ha concentrato l’intreccio della serie in poche puntate cardine, tra le quali un flashback con le origini di Polimar collocato a serie inoltrata. Per la maggioranza il plot delle singole puntate ripropone una struttura abbastanza rigida, con elementi in stile supereroe anni ’60/’70 in chiave nipponica:
– Compare una nuova ed assolutamente improbabile banda di super criminali che mette in crisi la polizia internazionale e di conseguenza il generale Onigawara che ne è il capo;
– Il detective imbranato Joe Kuruma e i suoi collaboratori, tra questi il suo apparentemente poco brillante assistente Takeshi, si impicciano nella situazione causando problemi alla polizia;
– La situazione si fa critica, Takeshi scompare e al suo posto compare Polimar che regolarmente sconfigge i cattivi con le sue tecniche spettacolari per poi volatilizzarsi.
Questa struttura così monolitica però non è necessariamente un limite per la serie. All’apparenza un po’ ingenua, si fa apprezzare sicuramente per il taglio umoristico delle situazioni in cui si muovono i personaggi, per le scene d’azione e per il modo in cui sono animate le trasformazioni del protagonista (un morphing a passo-uno con tecnica molto pregevole per gli anni in cui è stato realizzato).
Polimar con il suo modo di combattere sullo stile dei film di arti marziali e le sue trasformazioni è un eroe coinvolgente. Attorno a Takeshi gravita un cast di personaggi da sit-com divertenti che stemperano la violenza dei combattimenti con una sferzata di umorismo molto anni ’70. Tutti ingredienti che hanno reso Hurricane Polimar un vero cult.
Nel 1996 è stata prodotta una serie di OAV-reboot intitolata “Hurricane Polymar – Holy Blood“, questa volta però il cast dei personaggi e la storia sono stati molto cambiati, tanto da mantenere in pratica solo le fattezze del costume del protagonista. Di Holy Blood sono stati prodotti solo due OAV, un po’ pochi per giudicare il valore di una possibile serie, però il dislocamento temporale dell’ambientazione agli anni ’90 lascia un po’ spaesati, anche perché il mood dell’ambientazione anni’70 del primo Polimar era uno degli ingredienti che dava una tocco speciale alla serie.